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Dalle campagne al sindacato : Magda racconta la sua storia
6 mars 2008 par Cristina

Magda è arrivata a Foggia dalla Polonia nel 2001, all’età di 21 anni, per lavorare come stagionale nelle campagne del tavoliere. Una decisione presa alla leggera, con l’idea di vivere un’esperienza diversa e guadagnare qualche soldo. Con l’idea di ritornare in Polonia dopo qualche mese. Un’esperienza che si è rivelata molto diversa da quanto lei si aspettasse, che ha cambiato profondamente la sua vita, che le ha fatto conoscere sfruttamento e paura. Ma la sua è anche una storia di coraggio e di solidarietà. Una storia a lieto fine. Oggi Magda ha 27 anni, è sposata, ha due bambine e vive ancora a Foggia, dove lavora allo sportello immigrazione della CGIL.
Ha accettato di raccontarmi la sua storia in un’intervista.

Raccontami un po’ la tua storia dall’inizio

Sono arrivata qui a Foggia con mia sorella minore per un lavoro stagionale. Il lavoro ci era stato trovato da un nostro amico della Polonia. Noi l’abbiamo presa come un’avventura, non ci aspettavamo assolutamente di vivere quello che poi ci è successo. L’abbiamo presa alla leggera, senza timore, se ci penso adesso…..
Siamo arrivate alla stazione di Foggia col pullman di un’agenzia turistica polacca. Il nostro amico ci doveva aspettare lì, ma quando siamo arrivate non c’era. C’erano però dei signori italiani, sembrava che aspettassero quel pullman. Si è avvicinato un signore. Ci parlava ma noi non capivamo che cosa volesse. L’unica parola che sapevo dire in italiano era “no”, così siamo rimaste lì ferme alla stazione. In quel momento ho iniziato ad avere paura, non sapevo cosa fare.
Nel frattempo è arrivato un ragazzo polacco. Conosceva i nostri nomi, ha detto di essere un amico del ragazzo che ci aveva trovato il lavoro e che ci avrebbe portate su posto di lavoro.

E poi ?

Questo ragazzo ci ha portate in campagna, tempo dopo ho scoperto che eravamo vicino ad Ortanova (comune in provincia di Foggia, ndr). Era buio, non si vedeva niente. La prima cosa che ho notato è che non c’era niente intorno, solo campi. Ci hanno portate in una baracca, una sola stanza senza bagno, con tre letti e un angolo cucina.
Eravamo io, mia sorella, il ragazzo della stazione e un altro ragazzo polacco. Il giorno dopo abbiamo iniziato a lavorare. Io pensavo di dover raccogliere i pomodori, però la stagione era già finita. Ci hanno messe a pulire i campi e a dare i pesticidi ai carciofi e all’uva. Lavoravamo tutto il giorno.

I proprietari, li vedevi ?

Il proprietario lavorava con noi, insieme a suo figlio. Ci faceva la spesa una volta ogni due settimane. Ci comprava solo pasta, patate, pane, ogni tanto dei wurstel e del formaggio. Dopo tre settimane ero già così (mostra il dito indice). Una sola volta ci ha portate in pese, ad Ortanova. Io non mi rendevo conto di dove fossimo, quella baracca non potrei mai ritrovarla.
Dopo il primo mese di lavoro, abbiamo chiesto di essere pagate, ma il proprietario ha detto che ci avrebbe pagate alla fine dei tre mesi che dovevamo fare. Il ragazzo polacco che ci aveva prese in stazione ha detto che era normale. Io mi sono fidata, non capivo l’italiano.
Poi il figlio del proprietario ci ha provato con mia sorella, era un porco…(sottovoce). Eravamo lì da due mesi, ci ha portate anche una volta al mare per fare il gentile. Un giorno voleva portare mia sorella da sola a fare un giro, io mi sono rifiutata e lui si è arrabbiato molto. Il ragazzo polacco ci ha difese, si sono presi anche a botte. Così ci ha cacciati.
Il ragazzo polacco ha chiamato un suo amico italiano che ci ha portate a Carapelle (comune in provincia di Foggia, ndr). Questo ragazzo ci ha ospitate in una casa vuota, senza luce né gas. Ci portava da mangiare.
Dopo due settimane disse che ci aveva trovato un lavoro in un pub di Foggia. Ci portarono nel pub, lui e il ragazzo polacco. Io iniziavo a sospettare di lui, nel frattempo avevo anche iniziato a studiare l’italiano, leggevo. Quando siamo andati a parlare col proprietario del pub, il ragazzo polacco ha parlato col proprietario davanti a noi in italiano, non pensava che io capissi. Gli ha detto che io ero la sua ragazza, e che avrebbe preso lui i soldi dello stipendio mio e di mia sorella. Dormivamo coi proprietari, in una sola stanza al piano terra. Loro, una coppia, dormivano su un letto, io, mia sorella e il ragazzo polacco su un altro.

Quanto siete rimaste a lavorare lì ?

Sei mesi e mezzo, lavoravamo tutto il giorno nel pub, in più facevamo i lavori in casa per la signora (stirare, lavare…). Dopo due o tre settimane, un giorno in cui ero rimasta da sola con la proprietaria, ci siamo chiarite rispetto al ragazzo polacco. Lei ha capito che il ragazzo ci sfruttava e prendeva i soldi al posto nostro, e lo ha cacciato. Il ragazzo non pensava che noi avremmo capito così in fretta il suo comportamento. Dopo che la signora lo ha cacciato è poi venuto a minacciarci varie volte. Poi si è scoperto che aveva fatto la stessa cosa con molte altre ragazze polacche.

E invece quell’ “amico” che vi aveva trovato lavoro come stagionali lo avete rivisto ?

No, mai. Non ritorna nemmeno nel suo paese, perché oramai si è sparsa la voce di quello che fa. Si dice che non stia più nemmeno in Italia, qualcuno dice che stia a Londra, ma sono solo voci.

E poi, com’è andata nel pub ?

Per i primi tre mesi dopo la partenza del ragazzo siamo state pagate regolarmente, poi la signora ha detto che avevano molte spese, e che ci avrebbero pagato più in là. Noi le abbiamo creduto, perché ci eravamo trovate abbastanza bene, non eravamo preoccupate.
Nel frattempo il suo compagno cominciava a fare delle strane richieste. Ha iniziato coi vestiti, voleva che ci mettessimo sempre gonne corte e tacchi. La cosa non ci piaceva, perché stavamo in piedi tutto il giorno, era stancante. Lavoravamo sempre, avevamo solo un giorno libero a settimana a testa. Poi il proprietario ha iniziato a chiederci di sederci vicino ai clienti maschi, per farli consumare di più, diceva. Questa cosa non ci andava bene, ci ha fatto insospettire un po’. Dei clienti fissi del pub con cui eravamo entrate un po’ in confidenza ci hanno messe in guardia su giri di droga all’interno del locale e sul fatto che già in passato i proprietari avessero approfittato di altre ragazze straniere. Abbiamo iniziato ad avere un po’ paura.
Nel frattempo mia sorella si è fidanzata con un ragazzo foggiano, che era un cliente del pub. Anche lui ci ha messe in guardia sui proprietari, e ha iniziato a cercare un altro lavoro per mia sorella.
Un giorno il proprietario ci ha chiesto di ballare sul bancone, noi ci siamo rifiutate. Io iniziavo a parlare italiano abbastanza bene, abbiamo litigato, lui diceva che dovevamo fare come voleva lui.
Quel giorno abbiamo deciso di scappare e di tornare in Polonia. Durante il mio giorno libero, mentre i proprietari e mia sorella lavoravano nel pub, io ho preparato tutte le valigie. Poi con una scusa sono andata al pub da mia sorella, lei ha detto ai gestori che usciva a comprarsi le sigarette e non siamo più tornate. Avevamo conosciuto una ragazza ucraina che stava in Italia da molti anni, e che ci aveva proposto di aiutarci a fuggire. La ragazza ucraina ci ha portato in una casa vuota, ci ha detto di dormire lì, e che il giorno dopo ci avrebbe accompagnante in stazione.
Però nel frattempo i proprietari si erano accorti che avevamo preso tutta la nostra roba e che ce n’eravamo andate. La sera prima della partenza, il ragazzo di mia sorella l’ha chiamata, non avendola trovata al pub. Lei non gli aveva detto nulla. Questo ragazzo ha detto che il proprietario era arrabbiato, che voleva denunciarci, che ci accusava di avere rubato delle cose da casa sua. Noi eravamo spaventate, non sapevamo cosa fare. Il ragazzo ha chiesto dove eravamo e mia sorella glielo ha detto, lui è venuto a prenderci e ci ha riportate lì. Non ti dico poi cos’è successo… io ho spiegato al gestore perché ce n’eravamo andate, gli ho detto che non ci andava di fare certe cose. Lui ha detto “tu non te ne puoi andare perché mi fai guadagnare tanti soldi”. Siamo rimaste. Nel giro di una settimana mia sorella se ne è andata a Modena col suo ragazzo, lui aveva trovato lavoro lì e aveva trovato lavoro anche a lei. Io sono rimasta da sola. Da quel momento ho iniziato a stare veramente male, ero dimagrita molto. nel frattempo avevo conosciuto un ragazzo che mi ha aiutata tantissimo, lui e la sua famiglia. Mi cercavano un altro lavoro per tirarmi fuori da quella situazione, ma io volevo solo tornare a casa, ne avevo abbastanza dell’Italia.
Chiedevo sempre ai proprietari di lasciarmi tornare a casa per un po’, promettevo che sarei ritornata, ma loro non volevano. Alla fine la signora, vedendo che stavo male, ha accettato di lasciarmi partire. Ma non mi ha pagata, mi ha dato solo i soldi per il biglietto, e ho dovuto lasciare tutte le mie cose a casa loro. Ma non avevo intenzione di ritornare.
Sono stata in Polonia un mesetto. Ero rimasta in contatto con la famiglia di quel ragazzo che avevo conosciuto, sua madre mi ha trovato un lavoro, mi ha detto che era una cosa seria, che mi avrebbero messo in regola e mi ha invitato a stare a casa loro per i primi tempi. Io non avevo lavoro in Polonia, così ho deciso di ritornare in Italia.
Sono andata, mi hanno accolta a casa loro, una bravissima famiglia. Ho cominciato a lavorare in un bar, mi hanno fatto fare un mese di prova dopo il quale avrebbero dovuto assumermi, però non lo hanno mai fatto. Mi pagavano, ma non mi hanno mai messa in regola. Il bar stava proprio davanti alla questura, c’erano così tanti poliziotti che venivano… (ride)

Quanto tempo hai lavorato lì ?

Cinque mesi circa. Lì ho conosciuto il mio attuale marito, era un cliente del bar. Ma io dopo quello che mi era successo ero diventata molto diffidente, non volevo conoscere nessuno. Lui lavorava insieme ad un mio amico polacco, ci siamo incontrati ad un compleanno, e lì, insomma, è iniziata la storia (ride).
Continuavo a lavorare nello stesso bar. Un giorno mi sono fatta un brutto taglio alla mano, ma la padrona non voleva farmi andare all’ospedale perché non ero in regola. Mi diceva “se vai devi dire che ti sei fatta male a casa”. Non sono andata al lavoro per qualche giorno a causa della ferita e mi hanno cacciata.
Io mi sono arrabbiata molto, però non li ho denunciati. Ero clandestina, a quel tempo la Polonia non era ancora nell’Unione. Mio marito mi ha poi trovato qualche lavoretto, ho lavorato un po’ in una pizzeria, un po’ come badante.
Poi sono rimasta incinta, è nata la nostra prima bambina, siamo andati a vivere insieme, ci siamo sposati e tutto è andato per il meglio…

Come sei arrivata alla CGIL ?

Ho seguito un corso di formazione organizzato dallo Smile (ente di formazione, ndr) “esperta nell’inserimento lavorativo dei soggetti svantaggiati”. Ho fatto lo stage di fine corso alla CGIL. Quando io ho iniziato il tirocinio loro avevano appena aperto l’ufficio immigrazione. Mi sono trovata bene e sono rimasta.

Che cosa facevi invece prima in Polonia ?

Mi sono diplomata in ragioneria e lavoravo in una grande catena di negozi di elettrodomestici come ragioniera. Però qui in Italia vorrei continuare a fare questo lavoro di assistenza agli immigrati. Dopo la mia esperienza desidero fare qualcosa per gli stranieri, perché io ho incontrato delle persone che mi hanno aiutata, e poi perché c’è poca informazione su questo argomento.

Senti, perché proprio l’Italia ?

E’ stato soprattutto perché avevamo incontrato questo ragazzo polacco che cercava persone per lavorare, ci raccontava che si stava bene. E poi io venivo in vacanza in Italia, sono venuta tre anni di seguito in campeggio con gli amici, con viaggi organizzati, a Rimini, Ravenna, Venezia… Mi piaceva molto l’Italia, ma da turista non avevo la percezione di come fossero veramente le cose…

Adesso non ti piace più, l’Italia ?

Si, mi piace. Certo dopo tutto quello che mi è successo, non mi piaceva più molto… Ma adesso sto benissimo, non riesco più ad immaginarmi nel mio paese.

Il tuo futuro lo vedi in Italia, allora ?

Si ! Oramai ho una mia famiglia qui. Anche mia sorella si è poi sposata con quel ragazzo, hanno due bambini e un terzo in arrivo. Mia mamma e un’altra mia sorella minore sono venute anche loro a Foggia. Mia sorella va a scuola, si trova bene. Tutta la nostra famiglia si è riunita qui in Italia. Inizialmente non pensavo di rimanere per sempre, pensavo di tornare a casa, volevo solo fare un’avventura, conoscere la lingua.
Se ci penso adesso, non so che coraggio avevo, a fidarmi così delle persone… Non lo farei mai più. Certe volte quando parlo con mia sorella e ci ricordiamo di quello che abbiamo vissuto, mi chiedo che cosa avevamo in testa ! Non pensavamo che ci potesse capitare qualcosa. Ci riteniamo comunque fortunate, sapendo cos’è successo ad altre persone, o pensando a tutte quelle persone che sono scomparse…




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